Mostra Francesco (Gino) Medici 2013:
da S. Francesco a Papa Francesco
Nato a Ome, vive e lavora a Brescia. Fin da ragazzo fu attratto dal mestiere del padre de la famìa di Pichècc, e come prima occupazione pavimentò le strade di ciottoli. Da adolescente imparò in officina la tecnica della forgiatura che poi applicò egregiamente nella sua attività artistica. In piena guerra, fu aggiustatore alla “Breda”; qui ogni sera preparava di nascosto delle incisioni che nascondeva per evitare rischi di licenziamento. Fortuna volle che, scoperto dal Direttore, fosse assegnato ad un provetto incisore dal quale apprese i segreti del lavoro. L’abilità da lui acquisita divenne nel tempo sempre più riconosciuta, ma soprattutto contribuì a salvargli la vita nell’inferno della Deportazione a Danzica, dopo l’8 settembre 1943. Lassù, tra prigionieri russi ed italiani ammassati nelle baracche, riuscì fortunosamente a procurarsi l’occorrente per eseguire piccoli lavori, come anelli e medaglie. Già in questo periodo di sofferenze e privazioni vi fu chi riconobbe in lui doti non comuni. Vale una citazione: “... Le mani callose ti dicono che ha conosciuto molto presto il duro lavoro... Ha una mano prodigiosa … è di sentimenti purissimi e non gli manca che cultura e studio … l’animo è già di artista e il suo avvenire non può fallire...” (M. Corbolini). A primavera del 1945 l’Armata rossa si avvicinava, i prigionieri furono spostati a costruir trincee, ma ecco, finalmente, a fine marzo ‘45 arriva il giorno della liberazione dalla schiavitù nazista. La prigionia durò ancora alcuni mesi, era il prezzo da pagare per le colpe di un regime sconfitto. Nel dopoguerra Gino fu assunto alla “Franchi ”, fabbrica di armi sportive, e fu così che la sua arte di incisore poté esprimersi appieno, usando nuove tecniche. Con grande forza espressiva iniziò a rappresentare eventi e i personaggi della storia contemporanea. I suoi lavori passano difatti attraverso la scultura in pietra, ferro, legno, un cenno in particolare meritano gli arredi sacri, di cui Martignago custodisce un altare. Tantissimi sono i suoi “pezzi unici” in materiali preziosi come avorio, smeraldi, corallo, metalli preziosi e pietre dure, di cui restano molte opere sia in sedi pubbliche che in ambiente privato. Gino ha sempre ritenuto suo personale carisma l’incisione. Si potrebbe definirlo un “Maestro artigiano”, definizione troppo stretta che non lo rappresenta per intero. Si è dedicato infatti alla scultura e all’oreficeria, “dalla pietra all’oro”, ottenendo sempre riconoscimenti. La sua vita e la sua opera sono riassunte egregiamente in una memoria dedicatagli da Osvaldo Mingotti (2012). Tantissime sono le personalità con cui ha interagito, anche di altissimo livello internazionale. Per il significato delle loro appartenenze e per la memoria più intima di Gino, basta citare Papa Paolo VI ed il leader polacco Lech Walesa. Vorrei chiudere questa brevissima sintesi tentando, da profano, di comunicare qualcosa del suo messaggio espressivo. Senza far torto alla sua ecletticità espressiva, io sono stato conquistato dalle sculture, e qui ne abbiamo alcuni esempi sublimi: “La Bolla di Innocenzo III, Francesco e Chiara, Francesco ritorna al Padre”. Gino Medici ha pietrificato per noi sentimenti ed emozioni sublimi con la forza e la resistenza dello spaccapietre. C’è una forma nitida che emerge e può conquistare la nostra attenzione lasciandoci intuire non solo le sue emozioni ed intenzioni di artista, ciò che ha cavato dalla pietra, che in essa intuiva e poi pian piano ha liberato, mantenendo la concretezza dell’evento rappresentato. Le sue opere sono collocate in importanti musei: a Gerusalemme, Museo dell’olocausto; a Bergamo Accademia Carrara; a Roma Musei Vaticani; al Museo di Danzica e nel nostro Borgo del Maglio, e non ultimo per noi, proprio qui, l’altare della nostra chiesetta di S. Antonio. Lui dice : “Uso il ferro di lavoro come penna per comunicare con tutti”. È l’augurio che deve accompagnare i visitatori di questo piccolo, ma significativo evento. Gabriele Bono, mostra tematica omaggio " da S. Francesco a Papa Francesco “ – Martignago 26/07/2013. |